Torna al Blog

L’INTERVISTA A FEDERICO FAGGIN: BEATO CHI POTRÀ DIRE “IO C’ERO”

Due parole: “emozione” e “spessore”. 

Sono state in assoluto le più usate nei feedback raccolti dai partecipanti, dopo l’evento di giovedì 16 luglio con l’ospite d’eccezione Federico Faggin.

Emozione: perchè durante l’intervista ci sono stati momenti di tale intensità da risultare commoventi, e questo ha tenuto la stragrande maggioranza dei partecipanti incollata a Zoom per tutte le due ore del nostro primo grande evento digitale.

Spessore: il personaggio, gli argomenti trattati, le profondità di pensiero a cui si è scesi, l’ampiezza delle tematiche… tutto ha dato il senso della sostanza e dell’alto peso specifico.

Federico Faggin è davvero una persona straordinaria. 

Innanzitutto come inventore e imprenditore: nell’intervista ha raccontato di come

il bambino che sognava di costruire aerei sia diventato uno degli indiscussi protagonisti della nascita delle tecnologie informatiche così come le conosciamo oggi.

Tra la fine degli anni 60 e l’inizio degli anni 70 il giovane fisico immigrato dall’Italia ha partecipato e vinto la corsa per la realizzazione del primo microprocessore, forte anche delle sue scoperte sui processi tecnologici e in particolare della rivoluzionaria “silicon gate”, dando il via alla miniaturizzazione dei computer che sta alla base di moltissimi oggetti della nostra quotidianità.
La firma di Faggin, oltre che essere fisicamente impressa nel microchip 4004 della Intel, è presente anche nei frutti delle sue numerose attività imprenditoriali: citiamo il touchpad e soprattutto il touchscreen, la “pelle sensibile” dei nostri smartphone.

Quando poi l’intervista ha toccato il tema della “scienza della consapevolezza”il climax è decollato e lo stesso Faggin è sembrato avere una trasformazione.
Lucido e quasi distaccato nei racconti delle sue straordinarie imprese di pioniere della Silicon Valley, si è acceso di entusiasmo e passione quando ha iniziato a parlare del percorso interiore che lo ha portato alla quarta fase della sua straordinaria vita, quella attuale, dedicata ad esplorare sempre da fisico e scienziato una nuova visione del mondo basata sulla coscienza come fondamento di tutta la realtà, anche di quella materiale.

È un totale cambio di paradigma quello che l’instancabile ricercatore di origini vicentine ha intrapreso, andando contro il riduzionismo materialistico del pensiero scientifico dominante, che sembra trascurare le conseguenze estreme delle teorie della fisica quantistica e il fatto che solo partendo da esse si riesce a spiegare tutto quel mondo di esperienze interiori e di spiritualità che Faggin sintetizza con il termine Consciousness, che noi italiani dovremmo tradurre con qualcosa che sta in mezzo tra Coscienza e Consapevolezza.

Dal 2009 Federico Faggin si sta dedicando totalmente alla ricerca su questi temi, finanziata anche attraverso la Federico and Elvia Faggin Foundation, e l’intento dichiarato è quello di costruire un modello teorico in grado di spiegare l’universo a partire non dalla materia ma dalla Coscienza.

Difficile non pensare all’incipit del vangelo di Giovanni

“in principio era il Logos, e il Logos era Dio…  tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste”

ma anche a tanta tradizione sapienziale orientale e allo stesso Idealismo filosofico tedesco, diventato indigesto a tutti per via di Hegel ma che con un linguaggio diverso da quello scientifico diceva la stessa cosa, e cioè che anche quella che chiamiamo realtà materiale altro non è che lo stesso e unico Spirito (lo possiamo chiamare Coscienza, per capirci?) in un particolare stadio della sua evoluzione storica e dialettica.

In alcuni momenti i discorsi sono diventati complessi e anche un po’ inaccessibili, nonostante l’abilità del professore a renderli comprensibili anche a chi non aveva le basi teoriche della fisica quantistica (cioè quasi tutti!). Però in ogni parola si percepiva la grande determinazione e la passione per quanto c’è e deve continuare a essere tipicamente e unicamente umano, il mondo dei significati e del senso, la sfera spirituale dove si integrano “testa, cuore e pancia”  senza alcuna possibilità di essere non solo superato ma neppure eguagliato dalle macchine e dal loro codice binario (1-0,vero-falso, sì-no).

Scendendo a discorsi più concreti, Faggin ha parlato agli imprenditori e ai manager che lo ascoltavano della necessità di fare spazio al cuore (centro simbolico delle emozioni e delle intuizioni), integrandolo con l’efficiente razionalità (testa) e con la spinta all’azione (pancia) tipica di chi intraprende e guida. Ha detto in maniera chiara ed esplicita che l’esasperazione competitiva e la cultura dominata dalla corsa verso la sola ricchezza materiale ha prodotto e continua a produrre disastri, proprio in quella terra che per secoli ha rappresentato il “sogno” per tanti immigranti, lui compreso. Ha parlato di amore e di primato del “noi” sull’io, della necessità di cambiare il mondo partendo da noi e dalla nostra interiorità, perché sono i nostri pensieri di oggi che plasmano la nostra realtà di domani.

Alto spessore e tante emozioni, quindi.

Ora possiamo dirlo: gli obiettivi che ci eravamo posti come NODUS-HR nell’organizzare questo evento sono stati pienamente raggiunti. Trasmettere la nostra passione ma anche la nostra professionalità, l’apertura mentale con la quale affrontiamo i “nodi” delle persone in azienda (senza approcci metodologici rigidi) e lo spazio che diamo alle emozioni sia quando lavoriamo presso i clienti sia all’interno del team.

Con Federico Faggin abbiamo creato un precedente molto impegnativo… Chi sarà il prossimo ospite degli eventi NODUS-HR?

Andrea Pozzan