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Le emozioni al lavoro

Perché ambienti di lavoro emotional friendly, in cui  le emozioni sono una risorsa e non un limite, costituiranno un motivo di successo per le aziende, oltre che un vanto?

Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), la salute è “uno stato di benessere fisico, mentale e sociale e non solamente assenza di malattia o infermità”.

Se da un punto di vista strettamente oggettivo, quindi, possiamo pensare alla salute e al benessere come a uno stato di assenza di malattia unito alla presenza di buone condizioni socio-economiche, da un punto di vista soggettivo, invece, il discorso si amplia: soggettivamente possiamo parlare di benessere come di uno stato di piacere e soddisfazione dovuto al raggiungimento di obiettivi personali e di un equilibrio tra risorse personali e ambientali.

Dobbiamo pensare, quindi, a uno stretto collegamento tra lavoro ed emotività.

Le emozioni coinvolgono ogni minuto del nostro lavoro e delle relazioni ad esso collegate.
Tuttavia, spesso in azienda sono un elemento fortemente sottovalutato, soprattutto come chiave di propulsione, o ritenute un elemento limitante delle performance dei singoli e dei gruppi. È più frequente sentire parlare di organigrammi, strutture e ruoli in azienda, che del cuore pulsante delle persone che vi operano, fatto di emozioni e aspettative. 

Eppure le aziende, sebbene non se ne parli, sono colme di emozioni, che ne costituiscono il lato umano, un lato che non può essere del tutto controllato e che richiede cura e attenzione.

La capacità di dialogare con le emozioni rappresenta un valore conoscitivo fondamentale: ciò che proviamo non ci informa su ciò che vediamo, bensì sul modo in cui guardiamo le cose

Se una persona, o un gruppo, ha paura è perché sta percependo una minaccia (reale o presunta); se prova rabbia è perché vede un’ingiustizia da superare o una situazione insoddisfacente da modificare; se sente tristezza è perché vive la realtà come una perdita; se prova entusiasmo è perché il suo rapporto con l’ambiente è in linea con i suoi desideri e le sue aspettative.

La capacità di riconoscere i vissuti emotivi e attribuire loro un senso aiuta dunque a comprendere le situazioni, a superare gli ostacoli liberando energia positiva nell’ambiente di lavoro.

Intelligenza emotiva è quella che lo psicologo americano Daniel Goleman definisce “la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, ma anche la capacità di saper gestire le emozioni in modo efficace”. Questo significa essere intelligenti con le emozioni. Significa essere capaci di unire pensiero ed emozione per prendere decisioni.

Insieme a Richard Boyatzis, professore alla Case Western Reserve University, Goleman ha individuato quattroambiti che compongono la competenza emotiva e sociale sul posto di lavoro:

  • Autoconsapevolezza: l’arte di capire se stessi, con le proprie debolezze e i propri punti di forza. Una connessione step by step con la nostra esperienza emotiva in evoluzione è la chiave per capire come le emozioni influenzano pensieri e azioni.
  • Autogestione: saper gestire le emozioni stressanti ed essere in grado di individuare quelle positive. Scriviamo su un pezzetto di carta le emozioni che proviamo e analizziamole a distanza di qualche tempo: ci forniranno utili informazioni.
  • Consapevolezza sociale: saper riconoscere ed empatizzare con le emozioni altrui. Meno concentrati su noi stessi e più attenti agli altri e ai loro segnali non verbali.
  • Gestione delle relazioni: saper lavorare con gli altri in maniera efficace, essere in grado di risolvere conflitti, saper motivare e ispirare. Riconosciamo i messaggi non verbali che inviamo agli altri. Mettiamo in campo umorismo, risate e gioco per ridurre lo stress e risolvere conflitti.

Come tutte le skills, anche l’intelligenza emotiva la si può migliorare o affinare

Come?

Innanzitutto, molto importante è l’essere valutati dagli altri: un feedback da parte di chi ci circonda può aiutarci a essere più riflessivi e onesti con noi stessi, a valutarci e a lavorare sulle nostre emozioni.

Si può, inoltre, provare a ridurre le emozioni negative, in modo da non farci sopraffare. Per fare questo è utile, di fronte a situazioni che non ci piacciono, non saltare a conclusioni affrettate e cercare di vedere la cosa da altri punti di vista, riducendo così le possibilità di equivoco.

Anche allenandoci a essere assertivi possiamo sviluppare la nostra intelligenza emotiva. Questo vuol dire esprimere il nostro punto di vista senza essere aggressivi, dire di no senza sentirci in colpa, saper comunicare senza mettere l’altro sulla difensiva.

Considerando il ruolo e il peso delle emozioni sul posto di lavoro, i leader dovrebbero contemplarle nelle scelte e nelle politiche aziendali, allestendo contesti e relazioni che diano gli strumenti per gestirle e usarle al meglio. 

Dovrebbero sviluppare empatia e apertura alla relazione e al confronto, con lo scopo di creare un ambiente in cui le persone possano sperimentare coinvolgimento, sicurezza e cooperazione e in cui possano esprimere opinioni, critiche e creatività, trovando nell’altro comprensione e disponibilità al dialogo. Dovrebbero stimolare le emozioni, mantenerle attive e farvi leva per motivare i collaboratori e scaldarne gli animi, non solo quando tutto procede per il meglio, ma anche nei momenti più difficili.

vantaggi saranno un miglioramento delle relazioni tra le persone, un maggior accesso, del singolo e del gruppo, alle proprie risorse per affrontare i problemi e un incremento del livello di benessere complessivo e di commitment verso un’organizzazione “umanizzata”.
Ne beneficeranno anche motivazione, concentrazione e produttività.

Prendiamole molto seriamente le emozioni.

Gli HR, in modo particolare, siano attenti alla cultura emozionale (come e quanto i dipendenti esprimono sentimenti al lavoro) della propria azienda e cerchino di coltivarla e svilupparla attraverso attività mirate, quali:

  • Ascolto empatico: un ascolto profondo, caratterizzato dalla totale assenza di giudizio;
  • Coaching individuale per lo sviluppo dell’autonomia;
  • Team Coaching per la soluzione del conflitto;
  • Team Building per il rafforzamento dello spirito di squadra.

L’azienda ne guadagnerà in reputazione.

Matteo Scarabello