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Il lavoro al tempo del colera

Avevamo altre idee per questa prima newsletter di Nodus-Hr.

Poi è scoppiato il colera e niente sembra più come prima.

Era già successo, nel senso che avevamo già provato questa sensazione: era l’11 settembre di quasi 20 anni fa e poi l’autunno del 2008, con i volti disorientati degli impiegati della Lehman Brothers che uscivano in strada con gli scatoloni a braccio. Situazioni estreme, che mandano in mille pezzi il cristallo delle nostre (ormai poche) certezze.

Questa volta però non c’entrano aerei dirottati da terroristi o nefaste conseguenze di mutui concessi alla qualunque. L’attacco è arrivato da esseri viventi dalla dimensione infinitamente piccola, senza nazionalità se non per caso, capaci di diffondersi e moltiplicarsi in modo esponenziale, approfittando alla grande del servizio mobilità della razza dominante del pianeta terra.

Ed eccoci qua, più o meno isolati, più o meno preoccupati, più o meno incerti sul da farsi. Dobbiamo lavarci le mani e fare la DAB dance quando starnutiamo, questo lo abbiamo capito più o meno tutti.

Pur apparendo sempre più traballanti sul piano della realtà, vanno per la maggiore nell’opinione pubblica le posizioni degli ottimisti a prescindere e dei catastrofisti, accomunate dalla medesima assenza di azioni e decisioni.

Ma qualcuno deve pur farsi carico dell’emergenza e siccome stiamo parlando di rischi che riguardano le persone, i rapporti sociali e il lavoro, è proprio la funzione “PEOPLE MANAGEMENT” che può in questi frangenti diventare un corpo eroico al pari dei Firefighters della città di New York.

Bisogna pensare a modi inediti per tenere in equilibrio la Sicurezza e il battito vitale dell’attività aziendale.

Le donne e gli uomini della funzione HR sono chiamati ad agire su due piani:

  • il piano tecnico delle policies
  • il piano della responsabilità collettiva e della consapevolezza individuale.

A livello tecnico, oltre alla prioritaria definizione di un piano d’attacco che consenta di applicare tutte le prescrizioni ministeriali in materia di prevenzione, dobbiamo considerare alcuni “effetti collaterali” che si nascondono proprio dietro le azioni organizzative che molte aziende stanno adottando: ci riferiamo in particolare alle valutazioni di rischio relative ai singoli dipendenti e ai sistemi di telelavoro. 

  • Le prime, banalmente, sono volte a stabilire (con questionari o altre modalità) chi tra i dipendenti o i soggetti terzi che frequentano l’azienda sia potenzialmente venuto a contatto con elevati rischi di contagio, frequentando le cosiddette “zone rosse”. Pur essendo comprensibile l’intento, è evidente che il suddetto comportamento va a cozzare con violenza contro la normativa sulla Privacy, rendendo giuridicamente inefficace questa forma di precauzione. Su questo punto il Garante della Privacy è stato molto categorico.
  • Per quanto riguarda invece il telelavoro, qualcuno lo diceva che sarebbe servita un’epidemia mondiale per dissolvere l’accumulo di problemi tecnologici e organizzativi che avevano reso il lavoro a distanza una chimera, ma qui vogliamo richiamare l’attenzione sulle possibili implicanze a livello di equilibri nei rapporti di lavoro. È chiaro infatti che questa modalità (che va distinta dallo smart working) non può essere applicata in modo egualitario a tutti i ruoli, in quasi nessun caso ai blue collar. Ci sono poi aspetti collegati alla sicurezza e all’obbligo di accertarsi che anche da casa i lavoratori rispettino gli standard richiesti dalla normativa: bella sfida davvero!

Sono solo due esempi e in questa sede non c’è la pretesa di essere esaustivi: per questo noi di NODUS-HR abbiamo pensato di organizzare una sessione streaming gratuita sul tema “Le buone pratiche HR per affrontare l’emergenza Codiv-19” (per ricevere indicazioni contatta Stefano all’indirizzo stefano.condoluci@nodus-hr.it)

Fermarsi al piano tecnico, definire tutte le policies più dettagliate, non esaurisce la nostra missione di cultori del Fattore-H nelle organizzazioni. Siamo chiamati (e chi se non noi!) a un lavoro “alto” sul tema della responsabilità sociale e della consapevolezza: l’interconnessione globale ci ha dato grandi vantaggi ma ha un rovescio della medaglia, perché nessun evento o problema rimane isolato e circoscrivibile. Tutto si diffonde in progressione geometrica, anche le epidemie che da sempre accompagnano la storia dell’umanità. Per sfuggire alla peste seicentesca nella città di Milano, bastava rifugiarsi in campagna. Oggi non c’è posto al mondo dove potremmo fuggire e sentirci protetti dal contagio. 

L’unica strategia efficace è aiutare le persone nelle comunità e quindi anche nelle aziende ad assumere comportamenti individuali consapevoli, dettati non solo dall’istinto di auto-protezione ma anche dal senso di responsabilità nei confronti della collettività, che include la preoccupazione attiva per la sostenibiltà del sistema (sanitario, nel caso specifico). 

È tempo di utilizzare la potente leva della comunicazione interna, ispirandola ai temi della trasparenza, della lealtà, dell’attenzione sociale e della sobrietà. Se vogliamo uscire da vivi da questa e dalle future situazioni di crisi, dobbiamo lavorare per trasformare le nostre aziende in comunità di individui consapevoli e responsabili, capaci di azioni e comportamenti centrati sul bene collettivo, dentro e fuori gli ambienti lavorativi.

Sarà bene che cominciamo ad allenarci oggi stesso.

Andrea Pozzan