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LE PRIME TRE VITE DI FEDERICO FAGGIN

Lo chiamano lo Steve Jobs italiano ma a lui questa definizione non piace del tutto. E dopo averlo ascoltato e intervistato capisco anche il perchè.

Federico Faggin nella sua biografia “Silicio” (ora disponibile anche nell’edizione economica degli Oscar Bestsellers Mondadori) divide la sua intensa esistenza in 4 vite, separate da “salti” evolutivi che lui stesso descrive con queste parole:

“Sono nato a una nuova vita ogni volta che, osservando il mondo da insospettati punti di vista, la mia mente si è allargata a nuove comprensioni. Sono nato a nuove vite quando ho smesso di razionalizzare, ho ascoltato la mia intuizione e mi sono aperto al mistero.”

In questo primo estratto dell’intervista esclusiva concessa a Nodus-HR lo scorso 16 luglio, Federico Faggin parla delle sue prime 3 vite.
Quella della sua formazione italiana, quella iniziata con il suo arrivo in California agli albori della leggendaria Silicon Valley e conclusa con la vittoria nella grande sfida per la creazione del primo Microchip, e la terza che racchiude le sue straordinarie esperienze imprenditoriali.

Pensando all’incredibile contributo che questo fisico, ricercatore e manager ha dato all’evoluzione delle applicazioni elettroniche che hanno plasmato il nostro presente (oltre al microprocessore, basti pensare al touchscreen dei nostri cellulari e tablet o al touchpad del Mac con il quale sto scrivendo queste righe) è difficile non paragonarlo a Steve Jobs. ?

Determinazione sconfinante nell’ostinazione, capacità di andare controcorrente rispetto al mainstream tecnologico dei primi anni ‘70, lavoro “matto e disperatissimo” per vincere la corsa contro il tempo e arrivare per primo “a far stare un chip dentro a una CPU”,
insistendo alla morte coi suoi capi per far capire l’enorme potenziale del progetto a cui stava lavorando.

Sono tutti elementi che fanno pensare ai “Pirati di Silicon Valley”: innovativi e dissacratori ma anche spregiudicati e senza scrupoli, disposti a sacrificare tutto e tutti pur di essere i numeri uno.

È proprio qui, su questi ultimi tratti, che si dissolve ogni somiglianza tra Federico Faggin e tutto quel mondo competitivo e spietato che ha contribuito a creare il mito di Steve Jobs. ?

Federico è nato in Italia, si è formato su un terreno dove i valori umani e sociali erano humus fertile di un genio operoso e responsabile, ha avuto la fortuna di lavorare nella Olivetti degli anni ‘60 quando ancora l’impronta visionaria di Adriano era tangibile.

Pur essendo entrato negli USA per la porta principale, con la possibilità di lavorare in una grande multinazionale, ha saputo cogliere il meglio del fervore e della libertà di quella comunità creativa e proiettata sul futuro,
ma non si è fatto contaminare dagli eccessi di una competitività esasperata, che non guardava in faccia a nessuno e considerava le persone al pari di strumenti usa e getta.

Per questo a un certo punto ha deciso di lasciare l’INTEL, azienda simbolo di quel mondo al quale non sentiva di appartenere completamente, e ha dato vita a una serie di attività imprenditoriali, nelle quali ha cercato di conciliare la conquista del successo con la creazione di un ambiente di lavoro che fosse di stimolo alla crescita per tutti.

successi non sono mancati e gli hanno consentito di spingersi fino ai confini della ricerca tecnologica, all’inizio del nuovo millennio, ma contemporaneamente le domande sul senso profondo della vita e del lavoro hanno lavorato nell’anima di Federico, ponendo le basi per l’avvento della quarta e straordinaria vita di cui parleremo al prossimo appuntamento.

Andrea Pozzan